Moro, Marino (Cd): Insegnò a porre l’uomo al centro dell’agire politico
Il 9 maggio è la giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo, ma per gli alunni del prof. Franco Tritto (uno dei più stretti collaboratori di Aldo Moro), è anche la giornata per ricordare che Aldo Moro è un patrimonio per la nostra nazione, un tesoro ancora, tristemente sepolto, sotto le note vicende di via Fani e via Caetani. “Se si continua a parlare solo di via Fani e di via Caetani, del prof. Moro rimarrà ben poco”, con queste parole Tritto introduceva il suo pensiero su quel momento storico che ha tanto segnato la vita politica del nostro paese. E che a dirlo sia proprio lui, la persona fidata della famiglia Moro che ricevette la famosa telefonata del brigatista Morucci, pone una riflessione più ampia.
Degli insegnamenti di Aldo Moro che il prof. Tritto ci ha trasmesso, oggi credo sia giusto ricordare il prof. Moro che onorava sempre le sue lezioni, anche quando rivestiva cariche istituzionali, e che arrivava a Palazzo Chigi con una schiera di allievi perché non riusciva ad accoglierli tutti durante l’orario di ricevimento, continuando in quella sede istituzionale, i colloqui sulle tesi e sugli esami. Il professore e lo statista Aldo Moro, che poneva al centro del suo agire l’uomo, esortava l’allievo affinché acquisisse tutti gli strumenti necessari per avere una visione completa della realtà che lo circondava.
I giovani erano una priorità per il prof. Moro, la cattedra mai abbandonata era la testimonianza di un interesse sempre vivo, quell’impegno di dare un ricambio generazionale alla sua nazione, un atto concreto che passava e viveva nella passione per l’insegnamento. Non fu un caso che proprio Franco Tritto partecipò alle elezioni politiche del 1976, a soli 26 anni, esortato dal suo professore.
Credo che basti questo ricordo, questa sua testimonianza, per capire che, chi vive l’insegnamento di Aldo Moro, non percepisce come una novità le proposte di rinnovamento della classe politica che oggi si fanno largo nell’opinione pubblica e in Parlamento. Anzi più che una novità, a ricordare le intenzioni ed il modo di fare così garbato di Aldo Moro, queste proposte di rinnovamento sembrano una distorsione del suo insegnamento.
Non mi riferisco al rinnovamento generazionale che rimane un passaggio necessario ed ancora non attuato, ma alla spinta populistica che lo promuove. Le basi di un cambiamento non possono poggiare su un atto di esclusione, di negazione e di azzeramento di una realtà esistente, senza alcuna necessaria opera di discernimento. Condensare l’aggregazione attorno ad un “vaffa” non restituisce una visione di largo respiro, ma un’astuta manovra pensata per racimolare i voti delle persone che, escluse e tradite dalla politica (colpevole di essersi chiusa nei palazzi e nei tecnicismi di sopravvivenza), non sono interessate dalle eventuali spiegazioni.
Nella primavera del 2003 chiesi al prof. Tritto: «Cosa manca ai nostri politici per avvicinarsi alla figura di Moro?». Lui sorrise. «Innanzitutto, la capacità di rimanere in contatto con la realtà del Paese per riuscire a guardare al domani». Ci pensai un po’ su, poi gli chiesi ancora: «Che cosa intende per contatto con la realtà? Forse che i politici di oggi vivono fuori dalle dinamiche del nostro Paese perché rintanati nei palazzi del potere?». Lui rispose: «Questo è vero in parte. Mi riferisco al fatto che Aldo Moro sapeva leggere gli eventi grazie a un’innata sensibilità d’animo guidata da una sapiente pazienza che lo portava ad aspettare che i processi prendessero forma, fossero maturi. Sapeva cogliere il momento giusto senza mai forzare la situazione. Il problema non va ricercato nel dove si fa la politica, ma nel come si fa la politica».
Internet, la rete, è uno dei luoghi “dove si fa politica”, non è il “come si fa la politica”, le idee e le proposte non sono un mezzo, ma la base per opere lungimiranti capaci di far crescere il paese.
Quando la prima biciletta entrò nel paese, raccontava mio nonno, c’era chi restò a bocca aperta, chi si mise a correrle accanto e chi andò in chiesa dicendo d’aver visto una diavoleria. L’invenzione della bicicletta aiutò molto la mobilità delle persone, ma non è stata il cardine di una riforma economica o scolastica.
In questo 9 maggio dove la memoria si fonde con l’incertezza per il futuro, cerco sollievo nelle parole di Tritto: «La via da percorrere per un cambiamento giusto è da ricercare nell’uomo, nelle persone che porranno al centro dell’agire politico il valore dello Stato edificato sul valore della persona umana. Spero che accada presto affinché tu e i tuoi colleghi non perdiate definitivamente la fiducia».
Raffaele Marino, alunno del professor Tritto e candidato di Centro Democratico per le Amministrative di Roma