Sardegna. Capelli-Uras: dimenticata da Governo, ora tavolo o scontro
ROMA, 9 FEB – Otto mozioni approvate dal Parlamento all’unanimità. Due anni dopo: “Nessun riscontro”. I parlamentari sardi Roberto Capelli e Luciano Uras denunciano “lo strabismo romano” e chiedono al Governo di promuovere l’istituzione di “un tavolo Sardegna costituito da Stato-Regione-Autonomie locali, partecipato dalle organizzazioni sociali dell’impresa e del lavoro”. Lo spiegano così: “Facciamo appello a tutti i livelli istituzionali- dicono in conferenza stampa a Montecitorio- perché si crei un fronte unico di confronto, altrimenti sarà scontro. Il caso Sardegna non può essere considerato un caso di campanile. E se non si darà voce alla protesta dei sardi, potrebbe salire agli onori della cronaca con manifestazioni eclatanti nei confronti del governo”. Sostanziale indifferenza anche nel campo ambientale. “L’ultima prova ieri, quando abbiamo tentato di ottenere il riconoscimento di Sin, sito di interesse nazionale, per la piana di Ottana, nel dl mezzogiorno. Il governo ha rigettato la proposta. Evidentemente ritiene che la Sardegna sia di interesse per lo stoccaggio delle scorie nucleari e non per le bonifiche.
Sinora il Governo ha disatteso tutti gli impegni assunti in sede parlamentare nei confronti della Sardegna. Ora Gentiloni riconosca che la questione sarda è una questione nazionale e, prima che finisca la legislatura, istituisca un unico tavolo politico con la partecipazione delle istituzioni nazionali, locali, le forze sociali, culturali per affrontare concretamente l’emergenza sarda”. E’ il forte appello lanciato dal deputato del Centro Democratico Roberto Capelli e dal Senatore Luciano Uras, ex Sel, in una conferenza stampa a Montecitorio
I due parlamentari chiedono che il Governo si attivi a Bruxelles perché riconosca formalmente alla Sardegna lo stato di insularità e il conseguente accesso ad un sistema derogato di aiuti equivalente a quello che l’Ue riconosce alle regioni ultraperiferiche. “E’ necessario assicurare rotte aeree adeguate, collegamenti navali frequenti e moderni, non solo nel periodo estivo”, sottolinea Uras. Quindi si chiede la corretta applicazione dell’art. 8 dello Statuto per quanto riguarda il tema delle entrate. Infine si mette in evidenza l’enorme tributo che la Sardegna paga alla nazione in materia di servitù militari, senza ottenere dal Governo un “patto necessario” per il riconoscimento di diritti fondamentali. “Sono stato nella zona di Varese, dove in un’area di 60 km ci sono 13mila posti di lavori assicurati da Leonardo, ex Finmeccanica. Là – racconta Luciano Uras – montano gli F35 ma anche elicotteri per uso civile. Stesso discorso per i Cantieri Navali liguri. Noi, magari non potremmo costruire navi torpediniere, ma le motovedette certamente sì”. Ambedue sono molto critici con l’esperienza del governo Renzi e la stagione dei ‘Patti’: “Veniamo da una fase di venditori di sogni, di un governo fantasioso che per la nostra terra ha concluso poco o niente. Il Patto per la Sardegna e quello per la città metropolitana di Cagliari non erano altro che una rimodulazione di risorse già assegnate. Un po’ come i carri armati di Mussolini – protesta Capelli – mentre noi chiediamo urgenti interventi strutturali. Chiediamo a Gentiloni il confronto, ma se non si vuole lo scontro allora serve il buon senso. Non sono avvezzo a salire sui tetti, a occupare luoghi istituzionali. Tuttavia – conclude Capelli – se non ci sarà risposta dovremo pensare a ogni tipo di soluzione, a tutti i livelli istituzionali”.
Per Capelli la capacità del governo di istruire e rispondere al caso Sardegna è dirimente. “Credo molto nella continuità amministrativa soprattutto quando siamo di fronte a mozioni approvate all’unanimità”, osserva il deputato di Cd-Des, che aggiunge di non credere “che si andrà a votare domani ma nei tempi naturali di scioglimento del Parlamento. Abbiamo di fronte a noi un anno che va messo a frutto”. Capelli si dice “stanco di essere descritto come un cane al guinzaglio di decisioni altrui. I cosiddetti peones lavorano mentre sette o otto persone litigano dalla mattina alla sera. Ora, dopo la fase fantasiosa dei venditori di sogni che hanno alimentato le aspettative ma combinato poco o niente, non serve un’accelerazione dei tempi. Qualcuno cerca di cavalcarla perché non vuole aspettare un anno. Vuole uno stipendio subito. Ma forse dobbiamo smettere di avere leader disoccupati e occuparci dei disoccupati veri”.