CD Lombardia: superato il limite. Lo Stato commissari la sanità Lombarda #OraBasta
Ogni giorno da quando è scoppiata la pandemia, un anno esatto fa, i cittadini lombardi devono fare i conti con gli errori, le bugie, i ritardi, i fallimenti di una classe dirigente che, vista la lista dei disastri, definire inadeguata suona quasi come un complimento.
Disastri che un’intera comunità di 10 milioni di persone vivono e pagano ogni giorno sulla propria pelle in famiglia, nella scuola, sui posti di lavoro e a cui si aggiunge la beffa di proclami sgangherati di una supposta eccellenza e supremazia del modello lombardo ormai smascherata dai fatti, dalle classifiche, dai confronti con le altre regioni. Mai primi in nulla, se non nel numero dei morti, dei contagi ad ogni ondata, dei soldi buttati. Mai ultimi perché per quello c’è ancora qualcosina da distruggere, ma dategli tempo. Sempre in mezzo, perché è questa la collocazione che ci meritiamo dopo anni di politiche mediocri fatte da mediocri in tutto. Tranne che appunto nei proclami. Tanto roboanti quanto, fact cheking dopo fact cheking, sempre più assurdi.
L’ultimo in ordine di tempo riguarda la piattaforma per i vaccini. Quella che per voce del trio Fontana, Moratti, Bertolaso tutto il Paese avrebbe dovuto copiarci. Poche settimane, pochissimi vaccini dopo, eccola chiusa per dichiarata incapacità di gestire le prenotazioni e affidata al portale di Poste. Poste Italiane, non lumbard.
Ma la lista nera è lunga.
Abbiamo avuto le mascherine pannolino inutilizzabili.
Le conferenze stampa del duo.
I camici “donati”, “no acquistati”, “no resi” da aziende in conflitto d’interesse.
I vaccini antinfluenzali mai arrivati e strapagati.
Le mascherine prese su Amazon.
Gli sms inviati a una manciata di over 80 all’una di notte per convocarli la mattina dopo a oltre 25 km di distanza e gli sms mai arrivati a tutti gli altri. Risultato: vaccinazioni saltate, vaccini buttati o somministrati senza alcun criterio a gente trovata col passaparola.
I dati sbagliati inviati dalla regione all’Istituto superiore della sanità.
Gli hub vaccinali che non partono per carenza di personale e intanto i vaccini restano in freezer.
Nel frattempo Fontana nega al sindaco di centrosinistra di Bollate, comune in zona rossa, la vaccinazione domiciliare delle categorie più a rischio invocando il principio che il vaccino è uguale per tutti. Tutto bene, peccato che Fontana abbia lanciato lo stesso giorno in pompa magna 500 vaccinazioni domiciliari, con Bertolaso testimonial, a Cologno Monzese dove il sindaco è della Lega.
Nel frattempo Moratti ci spiega che i vaccini andrebbero distribuiti non in base alla popolazione ma al Pil e che gli ottantenni possono aspettare.
Gli fa eco il superesperto Bertolaso, rilanciando: basta vaccinazioni per fasce di età e per categorie a rischio, cioè per quelli che riempiono le terapie intensive e ci rimettono la vita, prima va vaccinato chi lavora. Che naturalmente nemmeno ci crede per un istante e infatti il vaccino non lo vede.
Nessuna percezione della realtà, nessun rispetto, zero etica, tanta supponente improvvisazione e intanto il virus circola, i contagi aumentano spaventosamente, le terapie intensive scoppiano e il numero dei decessi fa paura.
Fa male leggere ogni giorno la Lombardia scivolare sempre più in basso nella classifica delle regioni per somministrazione dei vaccini disponibili. Fa male e indigna, perchè le vaccinazioni sono l’unico modo per tornare a vivere, a lavorare, a socializzare.
È arrivato davvero il momento di dire basta. Il sistema Fontana ha fallito su tutta la linea. Dopo un anno non ci sono più scuse che tengano e non resta altro da fare: intervenga lo Stato e commissari la sanità in Lombardia.