CD Lombardia: La transizione ecologica in Lombardia. Quadro di riferimento, considerazioni e proposte.

LA TRANSIZIONE ECOLOGICA IN LOMBARDIA

 

Quadro di riferimento

Le decisioni e il percorso a livello internazionale

Il contrasto al cambiamento climatico è un’azione globale-planetaria ed è al tempo stesso una sfida per i continenti, per gli stati, per le regioni, per i territori e i comuni. Nel tempo le istituzioni internazionali (Onu, Cop, G20, Eu) hanno dato vita a intese e protocolli, da Kyoto a Parigi, per contenere la temperatura media globale al di sotto 1.5° gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Negli ultimi mesi, complice anche la situazione pandemica che stiamo vivendo, è cresciuta diffusamente la consapevolezza di agire con scelte e azioni rapide e concrete per ridisegnare un diverso modo di produrre e consumare tenendo insieme i fattori economici, sociali e ambientali. Consapevolezza maturata nelle Istituzioni, nei cittadini anche sotto la spinta delle comunicazioni e ‘reports’ della scienza che oggi ha a disposizione ancora maggiori strumenti quali i big data e il progredire delle innovazioni tecnologiche e scientifiche.

In tale direzione significativi sono:

  • il ritorno degli USA nel trattato di Parigi suffragato da un recente impegno del Presidente Biden di ridurre al 50% le emissioni negli Usa;
  • il Green new deal del 2020 della Commissione Europea che fa della transizione energetica e ambientale uno dei pilastri della propria strategia continentale verso uno sviluppo sostenibile, inclusivo socialmente e digitalizzato fissando per il 2050 l’obiettivo di zero emissioni di carbonio. Decisioni che stanno divenendo, in questi giorni, vincolanti giuridicamente per tutti i paesi dell’Eu;
  • i tavoli aperti nel G20 per rendere più stringenti e condivise le regole e gli interventi da adottare nei singoli paesi e continenti sotto il profilo economico, finanziario, sociale e ambientale nel contrasto al cambiamento climatico;
  • l’Enciclica Papale ‘’Laudato Si’’ che dà uno straordinario contributo nella visione di un pianeta più equo e sostenibile e che attraverso il progetto Villaggio Terra indica gli interventi e le scelte da compiere per realizzare tale cambiamento;
  • la pressione costante delle nuove generazioni che attraverso il movimento di Greta Thunberg manifesta periodicamente in tutto il mondo per salvare il pianeta; la pressione dei tantissimi comitati e associazioni civiche che in ogni parte del mondo manifesta, sostiene e testimonia quotidianamente lo sviluppo sostenibile e che attraverso piattaforme permanenti di comunicazione si incontrano per scambiarsi esperienze e soluzioni.

 

L’Europa

In tale scenario l’Europa, con le sue scelte, ha svolto e sta svolgendo un ruolo importante di traino a livello internazionale divenendolo allo stesso tempo per i paesi del proprio continente nel contrasto al cambiamento climatico e nell’assunzione di nuove politiche energetiche-ambientali.

Nel documento programmatico del Green new deal la Commissione indica, insieme agli obiettivi, anche delle azioni quadro da attuare per perseguirli, quali: la soppressione degli aiuti finanziari alle fonti fossili, lo sviluppo di linee guida di efficienza energetica negli investimenti pubblici, la definizione di criteri minimi di sostenibilità ambientale negli appalti pubblici, la flessibilità normativa sugli aiuti di stato per investimenti in efficientamento energetico degli edifici, ecc.

Inoltre l’UE, nel tempo, ha assunto come vincolanti gli impegni del protocollo di Kyoto, ha emesso direttive che sono state poi recepite dal sistema legislativo di ogni paese europeo. Significative sono state quelle:

  • del 2009 su 20/20/20 che fissavano obiettivi di riduzione delle emissioni, di efficienza energetica e di produzione di energia rinnovabile;
  • del 2018 che sono intervenute a revisione delle precedenti sulla ridefinizione degli obiettivi sulla diminuzione delle emissioni (-40% al 2030), sulla prestazione energetica degli edifici ed efficienza energetica, sulla promozione delle fonti rinnovabili.

In questi giorni è stata raggiunta un’intesa tra i paesi membri della comunità europea che rivede al 55% anziché al 40% entro il 2030 la riduzione, rispetto al 1990, delle emissioni.

Inoltre, ha disposto un regolamento che impegna ogni stato membro a presentare un Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC).

Accanto ai dispositivi normativi e regolamentari l’UE ha stanziato nel periodo 2014/2020 circa il 25% del proprio bilancio attraverso il Sie (fondi di investimento eu) con più di 45 mld di euro per efficienza energetica e rinnovabili e 24 mld per trasporti e reti energia. Da considerare sono anche i fondi per l’agricoltura (Pac), i fondi strutturali sviluppo regionale (Fesr) che sono orientati verso una parte di azioni e investimenti di sostenibilità ambientale. Nel progetto di bilancio 2021/2027 dell’Ue saranno incrementate le risorse finanziarie di cui sopra attraverso la nuova misura denominata ‘’Transizione giusta’’ e si prevede che la Bei (Banca Investimenti europea) diventi la banca europea per il ‘clima’.

Ma soprattutto con il piano NGEU (recovery fund) vengono messe a disposizione ingenti risorse finanziarie per la transizione verde impegnando ogni paese a investire almeno il 37% degli aiuti finanziari avuti dalla Ue.

 

L’Italia

Il nostro Paese, per dare senso strategico alla transizione ecologica, ha costituito nel nuovo Governo insediatosi da alcuni mesi un Ministero apposito.

Negli ultimi anni, pur con ritardi accumulati nel recepimento delle direttive europee, ha strutturato gli interventi per raggiungere gli obiettivi sull’energia e ambiente attraverso piani nazionali e regionali. Sugli edifici ha introdotto bonus fiscali dapprima sulle ristrutturazioni edilizie e poi sulla riqualificazione energetica arrivando al 110% con le ultime disposizioni; sulle rinnovabili ha favorito gli investimenti con bonus fiscali e significativi pagamenti dell’energia prodotta immessa in rete; per le imprese e la P.a. ha introdotto un fondo nazionale di sostegno agli investimenti in efficienza energetica oltreché il perfezionamento dei “certificati bianchi” e del conto termico come contributi ai risparmi energetici e produzione di rinnovabili. Lo stesso Piano azienda 4.0 prevede agevolazioni per investimenti verdi. Queste azioni hanno permesso all’Italia di raggiungere nel 2020 gli obiettivi assegnati dall’Europa sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili ma non quello sulle emissioni. Complessivamente l’Europa ha raggiunto invece l’obiettivo delle emissioni ma non pienamente quello dell’efficienza e delle rinnovabili. Come si può vedere, anche in base ai nuovi obiettivi europei (55% di emissioni in meno al 2030), la strada da percorrere sarà impegnativa e con un tempo ristretto (9 anni) in quanto i nostri consumi e produzione energetica dipendono ancora in gran parte (78%) dalle fonti fossili.

Nel nostro paese, benché si sia fatto un passo in avanti con l’uscita dal carbone e olio combustibile (molto inquinanti) come fonti di produzione di energia, i nostri consumi sono suddivisi per il 40% agli edifici residenziali e terziario (responsabili del 36% delle emissioni), il 30% ai trasporti e il restante a industria e, in forma minore, agricoltura. Per la produzione di energia il gas ha sostituito il carbone e in parte il petrolio ma il divario tra fonti fossili e rinnovabili è ancora ampio in quanto queste ultime influiscono per il 17,8% sui consumi finali di energia.

Anche se, nell’ultimo anno per l’emergenza pandemica e negli anni passati per la crisi economica che ha colpito l’industria, i consumi e il livello delle emissioni si sono fortemente ridotti, non possiamo certo pensare che senza interventi strutturali e profondi riusciremo a invertire la rotta.

In base a questo quadro di riferimento pensiamo che la sfida vada raccolta sapendo che partiamo da un punto per raggiungerne un altro avviando appunto una transizione. Sapendo che questa transizione coinvolgerà trasversalmente tutti i settori, imprese, lavoratori, comunità e cittadini e che alcuni di essi verranno colpiti in modo più pesante soprattutto nel momento in cui si avvieranno i processi attuativi. Potremo trovarci in situazioni analoghe a quelle che stiamo vivendo in questa emergenza sanitaria tra chi vuole chiudere e chi vuol aprire. Per questo diventa dirimente il ruolo della politica e delle istituzioni nel tracciare politiche trasformative, obiettivi, scelte e relativi piani e accompagnarli con il coinvolgimento e la partecipazione diffusa.

Rispetto al passato oggi possiamo però contare su chiari e definiti obiettivi europei e su ingenti risorse finanziarie europee attraverso i fondi strutturali e il PNRR (circa 70 mld tra PNRR e fondo complementare). Diventa perciò una grande opportunità per il nostro paese di realizzare una trasformazione ecologica e gestire la transizione sfruttando la nostra straordinaria posizione geografica e la ricchezza di biodiversità unica al mondo.

 

La Lombardia

In questo scenario la Lombardia con il suo dato di regione più popolosa d’Italia, con i suoi più grandi insediamenti produttivi e terziari, con un importante patrimonio abitativo residenziale, con una significativa mobilità di merci e persone e con una agricoltura e zootecnia intensive, ha un peso trasformativo particolarmente impegnativo rispetto agli obiettivi europei di abbattimento delle emissioni e delle relative politiche di adattamento.

Oltretutto la Regione ha istituzionalmente in concorrenza con lo stato materie quali la produzione e la distribuzione di energia e deve contribuire con il “piano regionale integrato energia e clima” a definire i propri obiettivi e interventi in correlazione al piano nazionale (Pniec). La Regione Lombardia ha definito nel 2015 il piano regionale su energia e ambiente e attraverso un atto di indirizzo del 2020 si appresta ad aprire un percorso di adattamento e revisione ai nuovi obiettivi europei e nazionali su energia e clima.

Per avanzare proposte e contributi in tale direzione pensiamo che sia opportuno, accanto all’importante grado di presenza in regione di un patrimonio economico, sociale e ambientale, considerare le criticità e il punto dal quale partiamo nell’azione di perseguimento degli obiettivi da raggiungere.

Esse si possono riassumere in:

  • emissioni: nonostante siano diminuite quelle da gas serra del 20% rispetto al 2005 siamo la regione (complice anche la posizione geografica) dove si superano continuamente e abbondantemente in alcuni mesi dell’anno i limiti di emissione di pm10 e biossido di azoto;
  • temperature-clima: siamo in un’area geografica dove la temperatura negli ultimi 40 anni è aumentata mediamente di 0,4 gradi centigradi per decennio;
  • consumo del suolo: è la regione dove, nonostante la legge regionale che ne regola il consumo, si consuma più suolo con una dimensione pari al 12% rispetto al 7,2% nazionale;
  • produzione di energia rinnovabili: nonostante sia presente da tempo in regione una significativa produzione di idroelettrico e si sia potenziata recentemente quella di biogas, si è fermi al 13,8% sui consumi contro un circa 18% a livello nazionale;
  • abitazioni: su un patrimonio di edifici residenziali e terziario di più di 1 milione e 700 mila (4 milioni di alloggi) e di oltre 5.800 edifici scolastici, oltre il 60% sono in classe energetica (Ape) f e g (57%). Inoltre, anche se da non sottovalutare, nonostante l’introduzione dei bonus casa sono ancora minimi gli interventi di riqualificazione energetica in Lombardia negli alloggi pari a circa 500 mila nel periodo 2014/19;
  • trasporti: vi sono in circolazione in Lombardia 6.800.000 autoveicoli (680 veicoli ogni 1000 ab) dei quali il 60% è in classe da euro 0 a 4 e solo 500.000 sono auto ecologiche. Il trasporto stradale è responsabile del 23/28% delle emissioni. Anche se negli ultimi anni sono aumentati le persone che utilizzano il treno e il tpl, rimangono ancora i due terzi che usano l’auto per gli spostamenti soprattutto in un raggio di 20 km e il traffico merci avviene per il 93% su strada;
  • agricoltura: in Lombardia vi sono allevamenti con circa un milione e mezzo di bovini e quattro milioni e mezzo di suini costituendo allo stesso tempo una parte importante per l’economia agricola della regione e un elevato carico zootecnico medio di 2,8% unità bovino per ettaro quando la media nazionale è di 0,68%. Per cui tale forma di allevamento si associa a emissioni di ammoniaca, protossido di azoto, metano dovuta alla gestione di effluenti zootecnici, pratiche di fertilizzazione e fermentazione enterica dei bovini. Inoltre l’apporto intensivo (surplus) di fertilizzanti in agricoltura, in particolare azoto, sono responsabili di rilasci inquinanti nelle acque di superficie e sotterranee e delle emissioni climalteranti risultando pari all’11% delle emissioni totali in Lombardia;
  • industria-economia circolare: in Lombardia vi sono più di 800.000 imprese delle quali 245.000 sono artigiane e 110.000 manifatturiere, 45.000 agricole. Circa la metà del totale sono allocate nel territorio della città metropolitana. Il contributo che potranno dare le imprese al raggiungimento degli obiettivi sarà decisivo in quanto si possono concentrare in quei luoghi possibili e significativi interventi sull’efficienza energetica e relativi consumi, sulla produzione di energia rinnovabile e soprattutto di economia circolare nel riuso dei materiali di scarto, del calore in eccesso e nella gestione delle emissioni nell’aria, dei rilasci nelle acque e nel suolo. Già nel recente rapporto nazionale sull’economia circolare è stato evidenziato il ruolo della Lombardia con circa 80.000 imprese che hanno fatto investimenti ‘green‘ riportando complessivamente risultati di immagine e di miglioramento delle condizioni economiche dell’azienda.

Come possiamo vedere lo sforzo ‘green’ da realizzare in Lombardia dovrà essere, nei prossimi quattro anni, almeno il doppio di quello programmato negli ambiti delle abitazioni, dei trasporti, della produzione di energia rinnovabile, in agricoltura, nell’industria ecc. e soprattutto serviranno politiche strategiche in tutte queste attività che ridisegnino il modo di produrre, di consumare e di muoversi. È una sfida, come dicevamo, per la politica che vuole innovare ancorandosi saldamente ai piani europei e del governo italiano per innescare un cambiamento, una trasformazione economica, sociale e ambientale della nostra regione uscendo dall’attuale paradossale e sovrastante dibattito attorno alle aperture. Lo è anche per le numerose associazioni e comitati ambientalisti nell’aggiungere, oltre all’opposizione agli interventi che sono contro l’ambiente, la pressione affinché in ogni livello e territorio si realizzino, si mettano in opera i piani di sostenibilità.

In questa direzione l’atto di indirizzo per un piano regionale integrato energia e clima messo a punto dalla giunta regionale lombarda nel 2020 fissa degli obiettivi di riduzione delle emissioni, dei consumi energetici, di produzione di energia da fonti rinnovabili, di crescita del sistema produttivo per la decarbonizzazione e di resilienza per biodiversità, sistemi agricoli, boschi ecc. unitamente a un’analisi delle attività economiche e ambientali.

Lo scenario sopra descritto e l’atto di indirizzo della Regione ci interrogano su delle nostre considerazioni e proposte.

 

Considerazioni:

  • l’atto di indirizzo, pur delineando gli obiettivi e individuando macro interventi per macrosettori, settori e aree geografiche regionali, consegna una lettura di un processo adattivo, tradizionale, del raggiungimento degli obiettivi in quanto non supportato da strategie energetiche, ambientali e infrastrutturali per indirizzare tale trasformazione. Per cui si rischia il richiamo alla buona volontà e che diventino buone intenzioni;
  • rispetto all’atto di indirizzo lo scenario europeo, con l’innalzamento al 55% entro il 2030 della riduzione delle emissioni è cambiato, come con il varo del PNRR del governo italiano sono cambiati i punti di riferimento e l’allocazione delle risorse finanziarie;
  • serve perciò una programmazione, una progettazione nuova e relativa allocazione delle risorse pubbliche da parte del decisore istituzionale regionale in quanto il PNRR indica gli obiettivi e le missioni e non il modo per raggiungerli e strutturarli nei territori;
  • per la Lombardia è un’opportunità unica, da non sprecare, per ridisegnare il modo di produrre, consumare e muoversi considerando di accompagnare con sostegni le aree più colpite dalla trasformazione e soprattutto valorizzare quelle che possono creare sviluppo e attrarre investimenti privati e finanziamenti. Dopo tutto le nostre imprese e famiglie pagano circa il 30% in più dell’energia rispetto ai nostri concittadini europei e imprese degli altri paesi del continente;
  • per questo serve un approccio nuovo, non solo a propagare come dice l’atto di indirizzo, ma a generare con le nuove politiche valore economico, sociale e ambientale per la nostra comunità regionale in quanto le politiche trasformative dovranno portarci a una somma positiva in tutti gli ambiti;
  • serve anche un approccio nuovo mettendo in campo un patto istituzionale tra regione, ex province e comuni al di là delle appartenenze politiche.

 

Proposte:

  • Ridisegnare la programmazione e la progettazione regionale attraverso un Piano per la Transizione ecologica in Lombardia della quale il piano regionale di energia e clima diventi uno degli strumenti e nel quale deve guidarci la consapevolezza che il nostro sistema lombardo sarà nel 2050 a emissioni zero e dovrà ridurle, in nove anni, del 55%.
  • Definire contestualmente un piano finanziario che lo supporti attraverso una stima delle risorse pubbliche destinate alla Lombardia nelle missioni del PNRR, nella quota dei Fondi strutturali europei, nella quota dei fondi nazionali per efficienza energetica nella P.a. e imprese, nel piano impresa 4.0, nell’ecobonus casa 110% e nelle quote di risorse proprie della Lombardia per compartecipazione od investimenti ai progetti. A riguardo va ricordato che negli ultimi anni le risorse finanziarie della regione per il sostegno ai vari piani energia e ambiente ammontano a qualche decina di milioni di euro per riqualificazione alloggi Aler, incentivi rottamazione auto, incentivi imprese e agricoltura e all’economia circolare.
  • Nella programmazione e progettazione del Piano intercettare il contributo e la partecipazione attiva attraverso intese stringenti con le associazioni d’impresa, le associazioni sindacali e le associazioni ambientaliste.
  • La programmazione e progettazione dovrebbe essere inoltre supportata con un patto istituzionale tra regione, ex province e comuni nel quale si suddivida in modo vincolante il contributo che ogni livello deve dare al raggiungimento degli obiettivi insieme alla misurazione degli impatti economici, sociali e ambientali dei progetti posti in essere.
  • Nel piano finanziario prevedere un fondo e nuovi strumenti che accompagnino con sostegni pubblici le attività settoriali e d’impresa e le persone meno abbienti più colpite e interessate dalla fase di transizione.
  • sul versante normativo recepire le indicazioni contenute nel Green Deal europeo di soppressione ai finanziamenti pubblici delle fonti fossili, di sviluppo di linee guida di efficienza energetica negli investimenti pubblici, di introduzione di criteri e indicatori di sostenibilità negli appalti pubblici.

In merito al Piano di transizione ecologica lombardo pensiamo di avanzare dei contributi su alcuni ambiti:

A – abitazioni/residenziale: come abbiamo visto dai dati del patrimonio abitativo lombardo è il settore che richiede un intervento massiccio in quanto è, da un lato, responsabile del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni e dall’altro più del 60% delle abitazioni hanno una prestazione energetica povera e negativa (Ape). Al netto degli interventi fin qui realizzati, agli sviluppi del teleriscaldamento in alcune zone, bisogna approcciare tale tema avendo mente che l’abitazione ha una responsabilità collettiva e che dovrà diventare sempre più autosufficiente energeticamente e a basse emissioni. Per cui non basta più lasciare ai singoli privati l’iniziativa ma serve un piano pluriennale delle Istituzioni con la programmazione degli interventi a tutti i livelli indicando linee guida, nuovi strumenti e aiuti di supporto al privato, diffondendo e sostenendo le Comunità energetiche, introducendo nuove normative e disposizioni per rendere più stringenti, soprattutto a livello comunale, i necessari interventi. Per esempio si dovrebbe per il riscaldamento dell’abitazione, anche se alimentato prevalentemente ancora a gas in questa fase, rendere vincolante il passaggio, come si fa con le automobili, alle caldaie a condensazione per tutti gli alloggi. Infatti dal censimento unico degli impianti termici di regione Lombardia risulta che il 74% delle abitazioni hanno caldaie non a condensazione ma tradizionali.

Da parte loro le Istituzioni pubbliche dovrebbero programmare la riqualificazione energetica degli edifici pubblici a partire dagli alloggi popolari (160.000) dove si annida la povertà energetica e dagli edifici scolastici (oltre 5.800) per dare il senso di solidità e rilevanza strategica dei progetti.

La riqualificazione energetica degli edifici oltre che godere di un super bonus al 110% stanziato dallo Stato che è utilizzabile anche per gli alloggi pubblici (Aler ed enti equivalenti) può diventare un asse di sviluppo per l’economia (imprese di costruzione, produzione di materiali, impiantistica, professionisti, istituti di credito, ecc), di nuove e reali opportunità di lavoro, di risparmio per le famiglie e imprese sulla bolletta energetica e di significative riduzione dei consumi e delle emissioni.

Può altresì diventare un ambito di sviluppo della Ricerca e dei Brevetti unitamente alla costruzione di una nuova filiera produttiva.

B – Mobilità: è un’altra questione decisiva nel contrasto alle emissioni che dovrebbe portare, in una prima fase, a programmare la trasformazione del parco veicoli in regione verso quelli a ridottissime emissioni, a riprogrammare il TPL (trasporto pubblico locale) attraverso il potenziamento del servizio, dell’infrastruttura di rete, degli automezzi, a riprogrammare il trasporto ferroviario regionale negli stessi ambiti. È un’opportunità per risolvere strutturalmente anche gli annosi problemi che attanagliano i trasporti nella nostra regione (treni vecchi, sovraffollamento, disservizi ecc.) in quanto il PNRR prevede il finanziamento specifico per questi interventi. In questo modo si può allineare e rendere coerente il trasporto con gli obiettivi clima da raggiungere soddisfando, al tempo stesso, i crescenti bisogni dei cittadini attraverso una mobilità sostenibile sia per lavoro, per studio o per esigenze occasionali. Un particolare contributo a una diversa mobilità lo possono dare i centri urbani attuando i progetti ‘Smart city‘ per una città vivibile anche a piedi e in bicicletta come il Comune di Milano sta realizzando. Per rendere però’ strutturali questi interventi vi è l’esigenza di rivedere i piani urbanistici e della mobilità perseguendo l’obiettivo di togliere il maggior numero possibile di auto dalla strada, dalle vie, individuando aree e spazi dedicate a parcheggio in ogni zona della città. Allo stesso tempo si dovrà incentivare, nella distribuzione e logistica, la sostituzione dei veicoli verso quelli elettrici per le corse a breve raggio.

La progressione e l’attuazione delle politiche sulla mobilità sostenibile avrà un impatto in Lombardia sulle imprese del settore componentistica dell’automotive che necessiterà di un accompagno e sostegno, ma dall’altro potrà dare impulso a nuove filiere produttive a essa collegate oltreché la ricerca, la produzione di biocarburanti (rifiuti), di idrogeno verde.

C – Imprese-Economia circolare, produzione di energia: è un’importante realtà economica per il sistema lombardo che va dal manifatturiero al terziario, vede la presenza significativa di piccole e medie imprese, è fortemente energivoro e responsabile di una quota importante di emissioni.

È il macrosettore che si dovrà misurare più in profondità con la trasformazione perché interessato a rivedere necessariamente i cicli di produzione e di servizi consumando meno energia (efficienza energetica), producendone di rinnovabile, riutilizzando gli scarti, gestendo sostenibilmente le eventuali emissioni nell’aria e i rilasci nel suolo e nell’acqua.

È una sfida che riguarda la costruzione di un futuro modello economico lombardo e che pone l’impresa in una dimensione di responsabilità nuova all’interno delle comunità territoriali. In questa direzione un contributo importante lo può dare anche la grande distribuzione, allocata prevalentemente nei grandi centri commerciali diffusi in tutta la Lombardia, programmando l’autosufficienza energetica di tali siti. Come deve essere intensificato e strutturato il servizio di supporto alle imprese di diagnosi energetica e ambientale.

Sul tema della produzione e capacità energetica del sistema lombardo si deve prevedere che dovrà essere almeno più del doppio, rispetto a oggi, l’energia da rinnovabili e che le attuali centrali termoelettriche, quasi tutte alimentate a gas, dovranno in una prima fase ridurre le emissioni attraverso l’installazione di nuove tecnologie. Considerando che in Lombardia siamo importatori di energia elettrica per il 34% del nostro fabbisogno possiamo immaginare quanto è impegnativo il percorso verso l’autosufficienza energetica sostenibile della nostra regione. Per questo è importante mettere a sistema l’energia che possiamo ricavare dal sole, dalla geotermia sia del suolo che dell’acqua, dagli scarti di boschi e foreste con la biomassa, dagli scarti agricoltura con il biogas. Si può con questo dare impulso anche alle nostre attuali filiere produttive oltreché la ricerca su nuove tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della Co2.

D – piano infrastrutture: riveste una parte fondamentale per la riuscita del piano sulla transizione ecologica in quanto sia sui trasporti che sulle reti energetiche determinano la fattibilità del piano stesso.

Ci riferiamo al Tpl, alla Ferrovia, alla trasformazione digitale delle reti elettriche, alle reti di trasporto del biogas e del calore, alla rete di carico dei veicoli elettrici, indispensabili per favorire la sostenibilità della mobilità, per sfruttare l’energia prodotta in ogni punto della regione.

E – Agricoltura, zootecnia, resilienza: è l’altro macrosettore che nella trasformazione in una Lombardia significativamente antropizzata dovrà misurarsi con l’alto consumo del suolo, con lo sfruttamento intensivo dei terreni in pianura, con allevamenti intensivi di bovini e suini unitamente allo stato dell’acqua, delle foreste e dei boschi.

La Lombardia ha una parte di territorio nel bacino idrografico del Po, ha un patrimonio di laghi e fiumi che hanno bisogno di interventi strutturali sulla ”cura” e di un’infrastruttura di depurazione sostenibile.

Servono nuove linee guida e interventi programmati in tutti i settori, coerenti con il piano generale, di potenziamento del verde e della piantumazione in ogni territorio per catturare Co2, di modalità diverse: di concimazione, di colture, di allevamento, di sfruttamento e coltivazione dei terreni, di rilascio degli scarichi nel suolo e nell’acqua.

F – Governance Istituzionale: un piano lombardo sulla transizione ecologica pensiamo che abbia bisogno di un’efficace e strutturata governance istituzionale. Il decisore politico e istituzionale non solo dovrà operare delle scelte che toccheranno il sistema economico, la vita delle imprese, dei cittadini, delle comunità e al tempo stesso delineeranno un nuovo e futuro modello lombardo sostenibile. Inoltre, per questo, dovrà gestire ingenti risorse finanziarie.

Per cui serve:

  • che venga costituito un Comitato Tecnico Scientifico sulla scorta di quello sanitario con esperti indipendenti provenienti dagli enti di ricerca e dalle Università per supportare le analisi e le decisioni della politica;
  • che venga costituito un Assessorato lombardo alla Transizione ecologica con competenze funzionali in relazione con la presidenza e con gli altri assessorati coinvolti nel piano;
  • che venga costituita una commissione del consiglio regionale sulla transizione ecologica con compiti di proposta, di valutazione e di controllo nella quale le decisioni vengano prese a maggioranza qualificata e non semplice;
  • che venga istituito un patto istituzionale tra regione, ex province, comuni che preveda la suddivisione in quota degli obiettivi, la presentazione dei piani locali e la misurazione degli impatti conseguiti nell’ambito economico, ambientale e occupazione-sociale.

 

 

Coordinamento Centro Democratico Lombardia