In questi ultimi anni l’affermarsi della “questione settentrionale”, sponsorizzata in modo univoco dalla Lega, ha offuscato gli impegni per superare quel dualismo economico e sociale che da troppi decenni accompagna le vicende del nostro Paese. E soprattutto ha diffuso l’idea, carica di esiti negativi per la nostra stessa identità nazionale, di un Nord moderno, efficiente e produttivo, costretto a sostenere i costi di un Sud arretrato e fonte di sprechi.
Noi crediamo che tutto ciò faccia male al paese tanto quanto le pulsioni populiste e antieuropeiste e che la sfida del rilancio dell’economia nazionale passi proprio dalla valorizzazione dello straordinario potenziale di crescita del Mezzogiorno d’Italia.
La storia, e in particolare il processo di riunificazione della Germania, ci ha dimostrato come l’integrazione di aree caratterizzate da forti divari sia un’operazione non solo praticabile ma densa di opportunità, così come lo è lo stesso processo di unificazione dell’Europa.
Per queste ragioni vogliamo invertire la tendenza, latente, a rimuovere il problema del Mezzogiorno e mettere il Sud al centro della politica economica nazionale, chiamando a raccolta tutti gli attori istituzionali, i corpi intermedi e la stessa società civile, all’insegna di un progetto complessivo capace di sciogliere i nodi strutturali dell’economia meridionale.
I problemi del Mezzogiorno sono in larga gli stessi delle restanti parti del Paese, ciò che varia è soprattutto l’intensità: la carente cultura della legalità; la lentezza della giustizia civile e penale; il gap infrastrutturale; l’inefficienza degli apparati amministrativi; il cattivo uso e la scarsità delle risorse destinate alla ricerca, alla formazione e all’innovazione tecnologica; il peso dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa e criminale; le prassi clientelari e d’intermediazione affaristica; la scarsa qualità di servizi pubblici fondamentali, quali la sanità, l’istruzione e trasporti.
In questo contesto, fino ad oggi è mancata la determinazione delle istituzioni politiche, tanto nazionali che locali, nel perseguire gli obiettivi di crescita del Mezzogiorno. Ciò nonostante siano state intraprese alcune iniziative positive, come lo sblocco dei fondi nazionali per le infrastrutture, la riprogrammazione su alcuni obiettivi prioritari dei fondi strutturali europei e l’adozione del Piano per la povertà.
Noi vogliamo rafforzare gli sforzi per fare del Sud d’Italia un volano della crescita dell’intero sistema Paese, adottando a tal fine un nuovo Programma straordinario per la crescita e l’occupazione nel Mezzogiorno, che agisca sinergicamente sul piano istituzionale e nei diversi ambiti della fiscalità, delle infrastrutture, dei servizi, definendo gli obiettivi strategici a tutti i livelli di governo: comunitario, statale e territoriale.
Quanto all’Unione europea, occorre impegnarsi affinchè la riforma della politica di coesione non peggiori il saldo negativo tra contribuzione al bilancio europeo e finanziamenti ottenuti dall’Ue, evitando che al nostro Paese, già contribuente “netto” dell’Unione, siano sottratte rilevanti risorse. L’introduzione, in relazione ai fondi strutturali, della nuova categoria delle “regioni in transizione”, va resa coerente con gli obiettivi propri della politica di coesione di sostenere le regioni meno sviluppate, evitando il rischio di una contrazione significativa degli stanziamenti destinati all’Italia e, in particolare, di quelli rivolti alle regioni dell’attuale “obiettivo convergenza” per Calabria, Campania, Puglia, e Sicilia.
Al contempo, bisogna perfezionare il processo già avviato di concentrazione delle risorse dei fondi strutturali su obiettivi prioritari e va garantito il totale utilizzo dei fondi europei, incrementando la qualità e l’efficacia della spesa anche attraverso l’utilizzo d’indicatori di risultato e la responsabilizzazione dei titolari della spesa, senza escludere l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato in caso inefficienze gestionali a livello territoriale.
Inoltre, va negoziata in sede europea l’adozione, compatibilmente con la disciplina sugli aiuti di Stato, di nuove e incisive forme di fiscalità di vantaggio per le regioni meridionali, atte anche ad attrarre nuovi flussi d’investimenti esteri.
A livello statale, va in primo luogo approvata la Carta delle Autonomie, per ridefinire un nuovo e più razionale assetto delle competenze dei diversi livelli territoriali e va reimpostato su nuove basi di autonomia e responsabilità degli enti decentrati il processo di attuazione del federalismo fiscale, di recente modificato sulla base di logiche emergenziali di risanamento del bilancio, prevedendo, tra l’altro, un più ampio coinvolgimento degli amministratori locali nel processo di definizione dei costi e dei fabbisogni standard previsto dai decreti attuativi della legge delega.
In questo ambito, va altresì riformata la disciplina del Patto di stabilità interno, anche per renderla più flessibile con particolare riferimento all’utilizzo di avanzi di amministrazione per la realizzazione di politiche d’investimento che producano un effetto moltiplicatore di ricchezza sui territori interessati.
Occorre, inoltre, procedere al più volte annunciato, e mai attuato, riordino degli incentivi e dei sussidi alle imprese, che dovrà essere ricalibrato incorporando nell’architettura del sistema le esigenze di riequilibrio territoriale, ferma restando l’esigenza di eliminare gli incentivi che non hanno dato gli effetti attesi in termini di sviluppo e occupazione e l’utilizzo delle relative risorse per la riduzione dell’IRAP. Agli strumenti di tipo orizzontale – che operando su tutto il territorio nazionale consolidano i punti di forza e di debolezza esistenti – vanno affiancati interventi mirati, anche sulla base delle predette forme di fiscalità di vantaggio, orientati in modo selettivo verso gli ambiti con maggiori potenzialità per l’economia meridionale, quali, il settore energetico e delle risorse naturali, il settore agro ambientale e quello del patrimonio storico-paesaggistico.
Quanto alla dotazione infrastrutturale, occorre focalizzare gli investimenti per il Mezzogiorno nella logistica e nelle grandi reti portuali, ferroviarie e autostradali.
E’ infine necessario agire per ricondurre la finanza al servizio dell’economia reale e assicurare adeguati flussi di credito alle imprese e alle famiglie meridionali, anche potenziando la rete degli sportelli della Banca del Mezzogiorno e ampliandone gli ambiti di operatività e le leve finanziarie e patrimoniali.